Associazione Arma Aeronautica Sezione Roma 2 Luigi Broglio

Gen. Isp. C. Genio Aeronautico Luigi Broglio

Luigi Broglio nacque a Mestre l’il novembre 1911, da Margherita e Ottavio Broglio, ufficiale di Artiglieria. Dopo poco tempo, nel 1915, la famiglia si trasferì a Roma dove poi egli abitò per tutta la vita. Compiuti gli studi superiori e conseguita la laurea in ingegneria civile nel 1934, Broglio partecipò al concorso, tra i cui Commissari c’erano Gaetano Arturo Crocco e Rodolfo Verduzio, per diventare insegnante universitario. Non essendo sposato, non ottenne l’idoneità all’insegnamento e dovette attendere fino al 1946 quando, abolito questo disposto di Legge, ottenne la cattedra alla Scuola di Ingegneria Aeronautica di Roma. Assolti gli obblighi di Leva come ufficiale di Artiglieria, nel 1937, appena congedato, partecipò al concorso per ingegneri della Regia Aeronautica nella quale venne incorporato con il grado di tenente e destinato a Guidonia, presso il Centro Studi ed Esperienze della Forza Armata. Per primo incarico fu assegnato ad un programma di ricerca sui flutter alari e sui fenomeni di risonanza che si verificano alle alte velocità. Scoppiata la Seconda Guerra Mondiale, passò a lavorare ai progetti di un aliante da combattimento e di un velivolo da caccia a getto ottenuto per trasformazione di un Reggiane Re 2005.

Dopo l’8 settembre, partecipò alla Guerra di Liberazione nella zona di Roma, unendosi ad un gruppo di partigiani bianchi comandato da Paolo Emilio Taviani. Finita la guerra e ottenuta la docenza universitaria, nel 1947 si recò in Spagna per tenere un corso di ingegneria all’Università di Madrid e l’anno dopo prese parte, a Londra, al Congresso di Meccanica Applicata dove ebbe modo di fare conoscenza con famosi ricercatori stranieri tra cui lo scienziato russo Timoschenko.

Promosso maggiore, nel 1950, su invito del professor Antonio Ferri, già ufficiale del Genio Aeronautico, famosissimo per gli studi condotti sul volo supersonico, con il permesso dell’Aeronautica si recò a negli Stati Uniti, a La Fayette dove, come visiting professor in ingegneria aeronautica, tenne un corso di matematica e fisica e uno di aeronautica.

Nel 1951, l’Ufficio della Ricerca Scientifica dell’USAF chiese al Governo Italiano di favorire una collaborazione con Broglio che, autorizzato, propose di effettuare una ricerca sulle forze aerodinamiche tangenziali a velocità supersoniche e una ricerca sull’impiego delle gallerie aerodinamiche blow down per lo studio delle parti sottili degli aerei. Ebbe così inizio il fecondo periodo di collaborazione con gli americani e ciò gli consentì di realizzare, primo in Italia, un tunnel supersonico da Mach 4 presso la Scuola di Ingegneria Aeronautica della quale era stato nominato Preside nel 1952, anno in cui Crocco era andato in pensione.

Due anni dopo questo incarico, divenne Direttore della cattedra di Ingegneria Aerospaziale, la prima istituita in Italia dall’Università di Roma. Nel 1956 il Segretario Generale dell’Aeronautica Militare gli conferì l’incarico di iniziare studi sui razzi e aprire la strada alle attività aerospaziali che, l’anno seguente si sarebbero poste all’attenzione mondiale con la messa in orbita dello Sputnik da parte dell’URSS. Anche in questo settore, per lui tutto nuovo, Broglio si gettò con grande energia dando vita ad un programma di ricerca nell’alta atmosfera ed attrezzando un piccolo poligono di lancio in Sardegna. Da questa modesta infrastruttura, realizzata con limitate risorse e una grandissima capacità organizzativa, Broglio effettuò una campagna di ricerca denominata Nube di Sodio impiegando dei vettori americani Nike Asp, Nike Cajun e Nike Apache con i quali faceva espandere, a quote variabili tra i 200 e 300 chilometri, del sodio o del litio che formavano un gigantesca nube visibile da gran parte dell’isola. Questa fortunata serie di esperimenti missilistici gli consentirono, nel febbraio 1961, di proporre ad Amintore Fanfani, Capo del Governo in carica, l’ambizioso progetto di mettere in orbita, da un poligono tutto italiano, un satellite artificiale, anch’esso made in Italy.

L’idea, che a prima vista pareva temeraria, fu accolta favorevolmente e nel 1962 nacque ufficialmente il progetto San Marco, finanziato con apposita Legge nel 1963. Sotto la sua guida venne realizzato a tempo di record un programma assai complesso che si sviluppò senza intoppi secondo un calendario rigorosamente rispettato: la firma dei protocolli d’intesa con la NASA per la cessione del vettore, un missile quadristadio Scout, la progettazione del satellite, la costruzione in otto esemplari, l’approntamento di una base missilistica ricavata con l’adattamento di due pontoni per trivellazione petrolifera marina, posizionati al largo delle coste del Kenia, l’addestramento dei tecnici a Wallops Island, le prove di laboratorio ed infine, il 15 dicembre 1964, il lancio ed il posizionamento in orbita del satellite San Marco, la cui bilancia inerziale, o bilancia Broglio, costituì, all’epoca, una straordinaria innovazione tecnologica. Di questi satelliti ne vennero messi in orbita sei, l’ultimo dei quali fu lanciato nel 1988, anno in cui l’attività missilistica del poligono ebbe termine.

Le proposte avanzate da Broglio di realizzare un vettore, tipo Scout, di costruzione nazionale, e di fare del poligono equatoriale italiano una base europea per il lancio di piccoli satelliti da posizionare in orbita bassa, utili per telerilevamento, telecomunicazioni, controllo ambientale e monitoraggio del territorio non vennero recepite dai vertici dell’ASI che, di contro, ridimensionarono tutto il progetto San Marco con l’impiego della base equatoriale per il solo controllo e ricezione dei dati satellitari e per la telemetria dei vettori europei Ariane.

Decisione, questa, che lo spinse con molta amarezza, nel 1993, a dimettersi dall’Agenzia Spaziale Italiana.

Infaticabile tempra di scienziato, paragonabile a uomini quali Marconi e Fermi, Broglio, generale ispettore del Genio Aeronautico, continuò la sua attività di studioso e di ricercatore fino al giorno della sua scomparsa avvenuta silenziosamente, a Roma, il 14 gennaio 2001. Un giornalista ebbe a definirlo il Von Braun italiano.

Piace, infine, ricordare qui alcuni dei primati stabiliti da Broglio in campo aerospaziale:

  • Primo aeromobile con motore a getto realizzato in Italia
  • Prima galleria del vento a Mach 4 in Italia
  • prima galleria del vento supersonica in Europa
  • primo gruppo di ricerca in Europa ad occuparsi delle ali a freccia
  • primo simulatore spaziale europeo
  • primo gruppo di ricerca in Europa ad occuparsi del riscaldamento provocato dal rientro nell’atmosfera
  • primo poligono equatoriale al mondo
  • primo poligono dal quale è possibile un lancio in orbita equatoriale diretta
  • primo satellite al mondo lanciato da una base non sovietica né americana
  • primo paese europeo a lanciare un proprio satellite
  • prima misura locale delle caratteristiche dell’atmosfera ad altissima quota
  • lancio del primo satellite interamente dedicato alla radioastronomia (Uhuru)
  • stazione di telerilevamento più grande del continente africano
  • Primo Paese a effettuare un lancio per conto degli USA
  • Assegnazione di “miglior team di lancio dell’anno” da parte della Nasa ai tecnici del San Marco in occasione del lancio del satellite Uhuru (1971).

Per finire, Broglio non fu solo un grande scienziato, ma anche un grande uomo e fervente cattolico (come è facile intuire dal nome del programma San Marco). Un piccolo squarcio sul suo mondo interiore emerge con chiarezza dalla introduzione al libro “Nella Nebbia in attesa del sole” (Di Bernardo, ed. Di Renzo), unica intervista-biografia esistente del grande scienziato.

«Mio padre voleva che facessi il medico. Tante volte, negli anni, mi sono chiesto se avrei potuto fare più del bene seguendo i suoi suggerimenti.

A mia scusante c’è da dire che tutto quello che ho fatto, ho sempre cercato di farlo pensando al bene degli altri e al prestigio del nostro paese.

Nel campo della ricerca, ho sempre cercato di fare le cose in modo economico, ma forse sarebbe stato più utile sviluppare un grande programma. Comunque, quello che ho fatto, l’ho fatto perché ci credevo, pagandone il prezzo in prima persona: per esempio, sono portato a lavorare da solo. Eppure, per creare una scuola, una cultura, una tecnologia, ho accettato di fare anche cose amministrative che non amo e ho abbandonato un campo, quello aeronautico, di cui ero padrone, per entrare in un mondo nuovo di cui non sapevo nulla».